domenica 24 gennaio 2016

Anticultura dello spreco


Nel film Hong Kong Express, Apu soffre per essere stato lasciato da Amei. Per esorcizzare il dolore, acquista barattoli di ananas con scadenza precisa. Il 1° maggio corrisponderà alla fine del loro amore (se lei non torna). Alla vigilia, quei barattoli sono introvabili. Un negoziante, colpito dalla sua disperazione, gli dona scatole di cibo scaduto. Del resto per il nostro benefattore estemporaneo rappresentano solo un aggravio di lavoro: toglierli dallo scaffale e liberarsene. 

Pensiamo all’infinità di supermercati e centri commerciali che puntellano il pianeta: quante cibarie considerate “inservibili” si buttano? Ogni giorno nel mondo lo spreco di cibo è di 1,3 miliardi di tonnellate (fonte: FAO). 



Secondo l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura il contributo maggiore è dato dai Paesi del Terzo Mondo. Qui problemi infrastrutturali e tecnologici non permetterebbero un’ottimale raccolta e trasporto dei prodotti. In realtà tutti siamo complici della corsa al cestino. Lo spreco riguarda anche la Grande Distribuzione Organizzata e le industrie alimentari. Questi passano il messaggio che ortaggi lucidi e carni succose son sinonimo di sano e genuino. L’obiettivo è indurre il nostro cervello ad associare decadente con avariato. In realtà, un prodotto maturo o scaduto da pochi giorni non è per forza immangiabile. Tuttavia, nei punti vendita, frutta e verdura un po’ invecchiate devono far spazio a quelle dall’aria immacolata. I frutti dei pochi orti familiari rimasti son spesso ostracizzati dalle nuove generazioni. Il rifiuto è dato dall’aspetto non proprio ortodosso, che è dovuto allo sviluppo naturale, senza pesticidi e ormoni della crescita. Poco importa se siano sani: ciò che conta è soddisfare l’occhio e buttare gli “avanzi” con una facilità disarmante. È un circolo vizioso che guarda più al profitto che al rispetto degli alimenti in quanto base della vita. 

A questo punto la vera rivoluzione deve partire da noi, dalle nostre case. Il consumatore consapevole non riesce a intervenire sui flussi di cibo sprecato ai livelli superiori. Eppure potrebbe dare il suo contributo reinventando alcune pietanze, di modo da renderle ghiotte.

Prendiamo ad esempio il pollo arrosto. A tavola i litigi tra famigliari per accaparrarsi cosce e ali sono un classico, e il resto del volatile suscita poco interesse. Capita spesso che il petto, meno succulento della pelle, venga scartato o destinato alla pattumiera.

Per evitare che questo accada basta un pizzico di fantasia. Lo si può rielaborare evitando lo spreco e mangiando sano, oltreché saporito. Ad esempio, lo si può inserire nell'insalata, oppure farlo a straccetti e passarlo al forno con cavolfiore cotto al vapore e formaggio. Il cibo scaduto, invece, a meno che non si tratti di latticini molto delicati, è assolutamente commestibile. Consumare alcuni prodotti dopo la scadenza in maniera celere è semplice: tanto per elencarne una, con i biscotti scaduti si possono fare ottime cheesecake. 

I veri amanti del cibo si guarderebbero bene dal cestinare gli scarti. Escogitano di tutto pur di trarre in salvo anche le parti più asciutte: condimenti, additivi, colore. Sono molteplici i modi dell'amore.

Tramite: WeekNewsLife

Nessun commento:

Posta un commento